Missione
6 – Turni dal 9 al 17 (Greg)
Branniga
barcollò e grugnì, quando la scarica di phaser lo centrò tra le
scapole e si disperse sulla schermatura. Aurin trattenne il fiato,
mentre il raggio d’energia erompeva dalla sua arma e si dirigeva
inesorabile verso il dottore della Pioneer Squad. Il medico del team
avversario doveva essere anch’egli un temerario: dopo aver
inutilmente aperto il fuoco contro il comandante Y’Edips, si era
lanciato a testa bassa addosso agli ufficiali della Rainbow.
Sfortunatamente per lui, il colpo di Aurin lo investì a metà della
corsa, stordendolo e mandandolo a ruzzolare a faccia in giù lungo il
corridoio. Branniga, nel frattempo, si era voltato in direzione del
comandante della Pioneer Squad, deciso a vendicarsi per il proditorio
attacco alle spalle.
“San
Cuberto del Randello!” imprecò “Ma cosa…?”
L’ufficiale
avversario era crollato in ginocchio, lasciando scivolare il phaser
tra le dita ormai inerti, poi si era accasciato a terra con
un’espressione stupita sul volto.
“Approntare
le armi.” ordinò con voce piatta Y’Edips “Potenziale minaccia
a 15.4 metri. Inizio scansione. Individuati tre nuovi soggetti.
Affiliazione: U.S.S. Arecibo.”
“L’Arecibo?”
Branniga sembrava piacevolmente sorpreso “Signore, conosco un
ufficiale a bordo di quella nave. Forse possiamo risolvere la cosa
pacificamente.”
“Certo,
e forse possiamo suicidarci e risparmiare loro la fatica.” sbottò
Zalak “Ti ricordo che questa è una simulazione ‘tutti contro
tutti’. Dubito che le tue conoscenze possano impedire a chicchessia
di friggerci le chiappe.”
“Bah,
voi rettili siete sempre così sospettosi?”
“E
voi sanguecaldo siete sempre così stupidi?”
Zalak
era arrogantemente convinto che poche cose nell’universo fossero in
grado di sorprenderlo ma la sua presunzione scivolò negli stivali,
quando udì una voce metallica gracchiare dall’imponente
fondoschiena dell’ammiraglio Branniga.
“Mauro?
Mauro, mi ricevi?”
Branniga
frugò con cura nei pantaloni dell’uniforme ed estrasse un piccolo
oggetto metallico, pressappoco delle dimensioni di un uovo. Sotto gli
occhi increduli di Aurin, lo aprì a metà e ne appoggiò una parte
all’orecchio.
“M...uro,
sono Tc…sko. Mi r…cevi?” il brusio della statica permetteva a
stento di distinguere le parole che fuoriuscivano dal dispositivo
aperto.
“Spazzatura
klingon!” Branniga sbuffò, mentre si portava una metà dell’uovo
alle labbra “Ti ricevo, Tcesko, ma molto disturbato. Prova a
ricalibrare…”
“Prego,
fornire spiegazione.” la voce gelida di Y’Edips tagliò l’aria.
Mauro scattò sull’attenti.
“Certo,
signore. Mi scusi, signore.” l’Ammiraglio decise di ignorare il
sorrisetto stampato sul volto ossuto di Zalak “Come dicevo, ho
conosciuto il Tenente Comandante Tcesko Genchi durante le simulazioni
tattiche nella fascia d’asteroidi di Denorius: è il terzo in
comando dell’Arecibo ed è un guerriero dannatamente spericolato.
In quell’occasione ci siamo lasciati con la promessa di collaborare
ancora, se le circostanze ce l’avessero permesso.”
“E
quell’uovo che hai covato con pazienza fino ad ora cosa c’entra
con tutto questo, Mamma Oca?”
“Quest’uovo,
mio piccolo molesto cucchiaino, è un dispositivo di comunicazione
klingon a onde barioniche: abbastanza piccolo da passare inosservato
a una sommaria perquisizione e abbastanza antiquato da essere
sconosciuto ai più. Ha una portata molto limitata ma, quando
funziona, assicura un canale protetto e non individuabile dai moderni
sensori. Sia io che Tcesko ne abbiamo acquistato uno da un
contrabbandiere tellarita, a Denorius. Sapevamo che ci sarebbe
tornato utile!”
“E
non credi che il Comandante Y’Edips e io avremmo dovuto esserne
informati?”
“Mauro,
ce l’ho fatta! Ho eliminato la distorsione di fondo.” l’uovo
parlò di nuovo, questa volta con voce più squillante “Mi ricevi?”
“Ti
ricevo, Tcesko, forte e chiaro. Sembra che alla fine il vostro
capitano Raimondi si sia deciso: mi avevano detto che non avreste
partecipato a questa esercitazione.”
“In
effetti, la nostra presenza è stata in dubbio fino all’ultimo.
Sai, guai nella Zona Neutrale… ma, ora che siamo qui, abbiamo tutta
l’intenzione di farci valere!”
“Che
ne di dite, allora, di unire le nostre forze? Ancora una volta sulla
breccia…” Mauro proruppe in una fragorosa risata.
“Perché
no? Forse potremmo…”
“Consultare
prima i nostri comandanti, signor Genchi! Non crede?” un’altra
voce, calma ma perentoria, proruppe dal comunicatore klingon
“Attenzione, equipaggio della Rainbow: sono il Comandante Picca di
T'Man della U.S.S. Arecibo. Identificatevi, prego.”
“Comandante
Y’Edips,” recitò piattamente il Borg “Tenente Zalak,
guardiamarina Branniga”
“Ammiraglio
di Flo…” cominciò a protestare Mauro ma, quando il suo attuale
superiore fece schioccare le lame innestate nel braccio sinistro,
cambiò idea.
“E
così lei è il famoso ufficiale borg della Rainbow.” continuò
Picca di T’Man “Ho sentito molte cose sul suo conto: dicono che
lei sia leale con gli amici ma letale coi nemici. Senza dubbio, un
soggetto interessante.”
“I
convenevoli sono irrilevanti. L’adulazione è superflua. Prego,
specificare motivo di questa conversazione.”
“Il
motivo è semplice: abbiamo messo insieme la nostra squadra di sbarco
tardi e di fretta. L’Arecibo ha riportato danni ingenti nella
nostra ultima missione, perciò tutto il personale tecnico e
scientifico è assegnato alle riparazioni. In sostanza, non abbiamo
con noi ufficiali che possano sbloccare le porte o in grado di
interfacciarsi ai computer della stazione. Dalle informazioni in
nostro possesso, anche voi siete in una situazione simile…”
“Ci
sta forse proponendo un’alleanza, Comandante?” si intromise Zalak
“Sto
solo dicendo che forse dovremmo assecondare l’entusiasmo dei nostri
avventati ufficiali, dopotutto. Unendo le forze, le nostre
possibilità di vittoria aumenterebbero”
“Consenso.”
concordò laconicamente Y’Edips.
“Se
posso permettermi, signori, consiglio prudenza.” Aurin socchiuse
gli occhi e si massaggiò le scaglie alla base del collo “Qualcuno
si è messo a giocare con il teletrasporto e per poco non facevamo la
fine dell’arvicola. Probabilmente, ci stanno osservando anche in
questo momento e si stanno chiedendo perché ci siamo piantati in
mezzo al corridoio. Consiglio di non scoprire ancora le nostre carte
e di non palesare un’eventuale alleanza. Se questo dispositivo di
comunicazione è veramente sicuro, i nostri avversari non dovrebbero
sospettare nulla. Prendiamo strade diverse e attendiamo il momento
propizio per calare insieme sui nostri nemici.”
“Consenso.
Valutazione tattica opportuna. La prudenza è consigliabile.”
“Una
buona strategia, almeno per ora.” Picca di T’Man fece eco al
Comandante Y’Edips.
“Attualmente
siamo nei pressi della Sala Teletrasporto.” intervenne Tcesko
“Potremmo avanzare lungo il corridoio, costeggiando la Sala
Comando, verso la sezione degli alloggi.”
“Eccellente.”
approvò l’Ammiraglio Branniga “Noi potremmo tornare sui nostri
passi e aggirare la Sala Comando dall’altro lato.”
Y’Edips
e il Comandante dell’Arecibo finirono di accordarsi tra di loro,
mentre Branniga e Zalak approntavano l’equipaggiamento e
controllavano le armi. Quell’alleanza poteva indubbiamente tornare
utile al team della Rainbow, inoltre quel Tcesko e i suoi compagni
sembravano, dopotutto, uomini d’onore. Benché a volte si
comportasse come un bestione sconsiderato, Aurin sapeva di potersi
fidare del giudizio del suo amico Mauro. Quando il Comandante Y’Edips
li raggiunse, i tre ufficiali fecero dietrofront e sfilarono
nuovamente davanti alle porte chiuse della Sala Comando, fino alla
più vicina intersezione.
Già
da qualche tempo, Zalak avvertiva uno strano formicolio alle scaglie
e questo di solito preannunciava solo guai. Il giovane Cardassiano
avanzò di un altro passo ma, prima ancora che potesse aprire bocca,
vide il corridoio dissolversi in uno scintillio azzurro e sentì la
familiare sensazione del teletrasporto sulla pelle. In un battito di
ciglia, si ritrovò isolato dai suoi compagni e in una zona
sconosciuta della stazione.
“Per
la barba di Macet!” Aurin fece correre la mano al phaser e attivò
il dispositivo di schermatura.
Il
corridoio aveva qualcosa di familiare ma, d’altronde, la varie
sezioni che avevano attraversato finora sembravano tutte uguali.
Mentre eseguiva una scansione dell’area con il tricorder, Aurin
trasse un sospiro di sollievo. Chiunque stesse trafficando con il
teletrasporto sembrava voler giocare con lui come il gatto con il
topo ma, almeno per il momento, non aveva causato danni irreparabili.
Secondo i dati del tricorder, Y’Edips e Branniga si trovavano a
pochi metri di distanza, appena girato un angolo del corridoio. Zalak
ripose il phaser nella fondina e si affrettò incontro ai suoi
compagni. A metà del tragitto, udì distintamente l’Ammiraglio
Branniga berciare improperi e picchiare il pugno su una paratia.
“Cosa
succede adesso, Mauro?” urlò Aurin, improvvisamente circospetto,
rallentando l’andatura.
“Se
trovo questo pidocchio che continua a teletrasportarci in giro, giuro
che gli rosicchio le dita!”
“Dove
sei finito?”
“Io
da nessuna parte, ma Y’Edips è stato spedito chissà dove.”
“Lo
individueremo sul tricorder. Intanto, cerca di raggiungermi: dobbiamo
assolutamente ricompattarci.”
Zalak
eseguì una scansione ad ampio raggio dell’intera stazione e
localizzò il suo Comandante borg in un’ubicazione alquanto
peculiare. Nonostante la drammaticità della situazione, mentre
attivava il comunicatore d’ordinanza per contattare Branniga, non
riuscì a reprimere una risatina.
“Mauro,
sembra che il nostro Y’Edips sia, come dire…”
“Intrappolato
nei cessi della sottosezione 20.11, lo so!” abbaiò l’Ammiraglio,
attraverso la sottile delta di metallo argentato “A questo punto,
si impone un cambio di strategia. Contro il teletrasporto non abbiamo
difese e la conquista della Sala Comando è, ahinoi, ormai solo un
miraggio.”
“Dimentichiamoci
gli eroismi, allora.” Aurin girò i tacchi e si avviò a larghi
passi in cerca di un riparo “Se manteniamo un basso profilo, forse
i nostri avversari ci lasceranno in pace abbastanza a lungo da farci
escogitare una soluzione. Comunica a Tcesko che il rendez-vous è
annullato: per un po’ di tempo dovremo cavarcela da soli. Ho
individuato il team della U.S.S. Julia nella Mensa Ufficiali, a
nord-est rispetto alla nostra posizione. Sembra che non si siano mai
mossi da lì, da quando la simulazione è iniziata…”
“Proponi
forse un’altra alleanza?” Branniga, che aveva fatto capolino da
dietro l’angolo del corridoio, sembrava scettico.
“Propongo
di sfruttare il loro smarrimento per friggerli come uova taspar,
amico mio! I giudici di gara ci osservano e forse una vittoria ai
punti non è poi così disprezzabile”
“Approfittare
di un nemico inerme. È ignobile, è vile, è…”
“È
una grande idea, Mauro. Perciò muovi il tuo colossale fondoschiena e
sbrigati a…”
Mentre
si voltava verso Branniga per incitarlo, Zalak lo vide dissolversi in
una cascata di scintille azzurre. Da una rapida analisi sul tricorder
seppe che anche lui era finito nella medesima trappola del Comandante
Y’Edips, per quanto quell’ambiente doveva essere senz’altro più
congeniale all’Ammiraglio che non al povero Borg.
Aurin
provava un senso di sorda frustrazione, ma la consapevolezza di
essere l’unico rimasto del suo team lo spinse comunque ad impugnare
il phaser e ad andare avanti. Il teletrasporto improvviso l’aveva
lasciato alquanto disorientato, e la girandola di avvenimenti che
erano seguiti non l’aveva certo aiutato a riprendere il controllo.
Con una mano appoggiata alla paratia, Zalak arrancava cercando di
ignorare il senso di nausea e vertigine. Attraversò una porta e si
ritrovò nella mensa dell’equipaggio, ampia e deserta. Un
improvviso capogiro lo buttò a sedere in un angolo, con la schiena
contro la parete.
“Dannazione!
Devo smetterla di mangiare pulcini vivi a colazione.”
Con
uno sforzo estremo, il Cardassiano si rimise in piedi e strisciò
lungo la paratia fino a un’altra porta. Una rapida occhiata al
tricorder gli comunicò che due ufficiali della U.S.S. Julia si
trovavano a pochi metri di distanza, appena oltre le cucine, e che un
uomo della B.C.S. Ravinok si muoveva per intercettarli. Zalak mosse
un passo ma, quando la porta si aprì, una zaffata di cibo
maleodorante gli causò un insopprimibile conato di vomito. Mentre il
fiotto acido gli saliva in gola, vide la cucina baluginare e
dissolversi, quindi si ritrovò in un angusto stanzino. Aurin ebbe la
fugace visione di Y’Edips e Branniga appoggiati alle pareti, poi la
sua attenzione fu catturata da un’invitante tazza bianca in
porcellana e, con una mano premuta sulla bocca, si lanciò a
scoperchiarla.
“Aurin,
per carità, no!!!” Branniga, trattenendosi i pantaloni allentati,
urlò disperato.
Troppo
tardi. Mentre la tavoletta del wc si sollevava, il povero Zalak
scorse un oscuro abominio gorgogliare e immergersi, poi sentì le
forze venir meno e vide una luce accecante in fondo a un lungo
tunnel.
“Non
seguire la luce biancaaaaaa…” una voce, sempre più flebile,
cercava di richiamarlo indietro.
“La
resistenza è inutileeeee…” sentenziò un’altra voce.
Poi,
il nulla.